A tutti i colleghi, salute.
Qualcuno dei miei vecchi seguaci si sarà chiesto perché dedicare tanto spazio e tanta attenzione ad un tema minore come quello dell'ADHD. Ai pochi o ai tanti che si sono posti il quesito vorrei dare una risposta che tocca uno dei punti più rilevanti della questione e di specifico interesse per i terapeuti cognitivi, soprattutto per quelli affezionati al cognitivismo che Mario Reda chiama " Nostrum".
Il sistema DSM, che influenza direttamente e indirettamente la nostra attività clinica, ha operato un
doppio spostamento di due condizioni cliniche ad esordio nell'infanzia: I disturbi pervasivi dello sviluppo, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Il primo spostamento è stato la unificazione di condizioni che a quasi tutti i clinici appaiono diverse (ad esempio la sindrome di Aspergere e il disturbo autistico ad alto funzionamento, oppure il disturbo da deficit di attenzione con iperattività e il deficit di attenzione senza iperattività); il secondo è creare una categoria sovraordinata denominata "disturbi del neurosviluppo".
Quali conseguenze operative per noi psicoterapeuti?
Del primo spostamento, il prosciugamento fino alla quasi totale soppressione (mai dichiarata) di alcuni bacini diagnostici: la depressione anaclitica (mai più diagnosticata) e almeno il disturbo schizotipico di personalità e Il disturbo di evitamento di personalità nelle sue forme più gravi. Tutte condizioni transitate nella categoria dei disturbi dello spettro autistico. Ci si può aspettare un simile movimento di transizione dal disturbo borderline di personalità al disturbo da deficit di attenzione e iperattività dell'età adulta.
(Non fornisco dati e forse la mia, riguardo ai disturbi di personalità, è solo una affermazione aneddotica, come si dice).
Del secondo spostamento l'attribuzione ad una ben preciso meccanismo eziopatogenetico dei disturbi (cosa che era stata esclusa da chi proponeva l'adozione universale del sistema DSM in quanto a teorico) che, peraltro, non fa riferimento allo "sviluppo" ma al "neurosviluppo". La conseguenza operativa è che il paradigma biologico ha guidato ricerca, linee guida per l'intervento e procedure diagnostiche che non hanno incorporato tutte le informazioni relative a contesto, storie di vita, eventi, attribuendo sostanzialmente il disturbo a cause genetiche mai dimostrate, ma che sono diventate parte della definizione, in particolare per quanto riguarda il "disturbo dello spettro autistico".
Queste operazioni non sono a mio avviso culturalmente e socialmente neutre, ma orientate verso una particolare concezione dell'essere umano, sostanzialmente riduzionista e meccanicista. Se così fosse lo spazio operativo psicoterapeutico verrà sistematicamente ridotto, sostituito nella migliore delle ipotesi da interventi più o meno pedagogici (ossia di controllo-direzionamento esterno), nella peggiore da interventi farmacologici o fisici (deep stimolation brain e consimili) o ancora , nel tempo che verrà, da misure di eugenetica su casi presunti a rischio.
Qualche collega (o anche parecchi) penserà o dirà che sono ubbie paranoiche di Inverso.
A mio discarico vorrei citare due lavori.
Il primo (Zayats T, Neale BM. Recent advances in understanding of attention deficit hyperactivity disorder (ADHD): how genetics are shaping our conceptualization of this disorder. F1000Res. 2019 Dec 5;8:F1000 Faculty Rev-2060. doi: 10.12688/f1000research.18959.2. PMID: 31824658; PMCID: PMC6896240.), prendendo spunto dalla discordanza dei sistemi diagnostici DSM 5 e ICD 10 e dalla comorbidità infinita dell'ADHD, suggerisce e auspica che, non riflettendo l'attuale schema diagnostico per l'ADHD (e per molti altri disturbi psichiatrici) le sue basi biologiche, l'obiettivo finale sarebbe quello di passare da diagnosi clinicamente definite a quelle molecolarmente definite.
Si potrebbero ritenere gli autori non particolarmente autorevoli e influenti, ma non sembrerebbe. Il primo autore, Tatiana Zayats afferisce all'
Analytic and Translational Genetics Unit, Massachusetts General Hospital and Harvard Medical School, Boston, MA, 02114, USA e allo
Stanley Center for Psychiatric Research, Broad Institute of MIT and Harvard, Cambridge, MA, 02142, USA
E' per per la psicoterapia un rischio di emarginazione nella diagnosi e trattamento di "molti altri disturbi psichiatrici, oltre all'ADHD" come affermano gli autori, o no?
Il secondo, scritto da studioso certamente autorevole, ci informa su quali siano " gli altri disturbi psichiatrici" almeno relativamente all'età evolutiva.
Vorrei citare per esteso (scusate la lunghezza):
Szatmari: «
... si potrebbe anche sostenere che tutti i disturbi con esordio nell'infanzia o nell'adolescenza sono disturbi del neurosviluppo. La schizofrenia, i disturbi dell'umore (compresi quelli bipolari) e i disturbi d'ansia sono tutti disturbi di origine cerebrale. A volte sono stati definiti anche disturbi del neurosviluppo, in particolare la schizofrenia , in quanto comportano difficoltà nell'esecuzione di funzioni intellettuali, motorie, linguistiche o sociali e in altri ambiti che derivano da alterazioni dei circuiti cerebrali. Analogamente alla definizione dei disturbi del neurosviluppo nell'ICD-11, anche l'eziologia presunta dei disturbi dell'umore nell'infanzia e nell'adolescenza, ad esempio, è "complessa" e si ritiene che derivi da processi "fisici" (processi infiammatori, disturbi cronici del sonno, eventualmente il microbioma) e da fattori genetici, oltre che da vari tipi di eventi di vita stressanti. La crescente consapevolezza della comorbilità dei disturbi dell'umore e dell'ansia con vari disturbi del neurosviluppo (una volta che i bambini raggiungono l'adolescenza) è un'altra indicazione del fatto che il confine tra disturbi del neurosviluppo e non del neurosviluppo nell'ICD-11 è ambiguo.....
In altre parole, cosa non costituisce un disturbo del neurosviluppo tra i disturbi che insorgono nell'infanzia e nell'adolescenza? E soprattutto, qual è l'utilità clinica di raggrupparli e separarli dal comportamento dirompente e dai disturbi internalizzanti? È possibile che i disturbi dell'umore e dell'ansia siano più strettamente associati alle avversità psicosociali che ai disturbi del neurosviluppo; tuttavia, si tratta sicuramente di differenze quantitative piuttosto che qualitative. Inoltre, le lacune nella comprensione dell'eziologia e della patogenesi sono talmente tante che costruire le fondamenta di un sistema di classificazione su fattori eziologici sconosciuti e sicuramente complessi è un'impresa fragile. » Szatmari in Stein DJ, Szatmari P, Gaebel W, Berk M, Vieta E, Maj M, de Vries YA, Roest AM, de Jonge P, Maercker A, Brewin CR, Pike KM, Grilo CM, Fineberg NA, Briken P, Cohen-Kettenis PT, Reed GM. (2020). Mental, behavioral and neurodevelopmental disorders in the ICD-11: an international perspective on key changes and controversies. BMC Med. 2020 Jan 27;18(1):21. doi: 10.1186/s12916-020-1495-2. PMID: 31983345; PMCID: PMC6983973.
Ho rivolto la mia attenzione all'ADHD perché per la complessità di questo coacervo di sintomi si è aperta una crepa nel paradigma interpretativo da parte di studiosi non marginali che ho citato in precedenti interventi.
Il motivo del mio accanimento a questo punto risulterà chiaro: sollecitare i colleghi ad una diversa consapevolezza di ciò che accade oltre il confine e non accettare doni dagli achei senza prima controllare il contenuto di confezioni accattivanti. So che chi disse parole simili non fece una bella fine , io penso di salvarmi (Cfr. Laocoonte ai Troiani :
Timeo Danaos et dona ferentes'Eneide (Libro II, 49) ).
Per coloro che non sono scettici riguardo a ciò che dico, è previsto un appuntamento per parlarne con apertura mentale e senza preclusioni pregiudiziali. all'inizio di noivembre. Sempre che i numi siano propizi all'iniziativa.
State bene
Angelo Inverso