Congresso SITCC Pescara parte 1: bloccanti della pubertà e violenza

Moderatore: DAILA CAPILUPI [3284]

Giancarlo Dimaggio
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Congresso SITCC Pescara parte 1: bloccanti della pubertà e violenza

Messaggio da Giancarlo Dimaggio »

Il congresso intermedio è stato quest'anno molto impegnativo. Ci sono state discussioni accese e cose belle. Riporto alcuni punti per chi non è stato presente, insieme a un'importantissima novità.

Durante il dibattito sui bloccanti della pubertà vari colleghi hanno espresso dissenso sull'idea che tali farmaci andrebbero somministrati unicamente all'interno di studi randomizzati controllati vista la radicale insufficienza della letteratura esistente e l'impossibilità di stabilire il rischio costi-benefici. Queste posizioni sono state sotenute a partire da posizioni che oscillavano dal dare voce a chi davvero si occupa di questi pazienti e li ha a cuore (non è un argomento scientifico) a non è possibile effettuare studi di efficacia in una popolazione così piccola perché è come una malattia rara (a fronte dell'esplosione a livello mondiale dei casi di disforia di genere ma vabbè) e perché si tratta di popolazioni eterogenee. La mia posizione, credo ampiamente condivisa da Marco Del Giudice che era con me seduto alla tavola rotonda era radicalmente a favore del sospendere la somministrazione dei bloccanti al di fuori di studi randomizzati controllati. E' uscito ieri mattina il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) che ha ufficialmente sostenuto la posizione che ho espresso in sede di discussione, pari pari.
Riporto qui gli estratti e il link al documento ufficiale

"Anche sulla base delle audizioni svolte, il CNB evidenzia l’insufficienza dei dati scientifici sull’uso dei bloccanti della pubertà e la necessità di irrobustirli, ribadendo l’esigenza, evidenziata nella letteratura scientifica di più settori, di ulteriori sperimentazioni. In particolare, è stato sottolineato come sia importante individuare con chiarezza tutti gli esiti (outcome) della sperimentazione, focalizzandosi sia sugli aspetti psicologici e cognitivi, sia su quelli legati allo sviluppo fisico, nonché sulle relazioni fra i primi e i secondi. In questa prospettiva, il CNB osserva che i dati forniti dalle Regioni sull’uso della triptorelina su minori affetti da disforia di genere in Italia, nel periodo che va dal 2019 al 2023, sono molto carenti e frammentari. Tralasciando qui le differenti posizioni sulla valutazione bioetica generale dell’introduzione di triptorelina per la disforia di genere, il Comitato, che già nel parere del 2018 aveva suggerito la promozione di studi di sicurezza, efficacia e di follow up, sottolinea la necessità che il Ministero della Salute si faccia carico di finanziare studi indipendenti finalizzati a ottenere dati dirimenti sull’efficacia e sui rischi della somministrazione del farmaco. Non essendo compito del CNB definire con precisione il disegno degli studi sperimentali che dovranno essere svolti, ci si limita qui ad alcune osservazioni generali di rilievo etico. È innanzitutto necessario finanziare studi di qualità superiore rispetto a quelli che sono già stati realizzati, che non appaiono adeguati all’obiettivo.
Si ricorda inoltre che, dal punto di vista metodologico, il modello di riferimento per gli studi clinici di autorizzazione dei farmaci (il cosiddetto gold standard) è uno studio clinico controllato e randomizzato in doppio cieco. Per quanto riguarda la problematica della “cecità”, rispetto alla quale, in riferimento a questo contesto sperimentale, all’interno del CNB sono emerse valutazioni diverse, possono essere formulate più soluzioni, la cui scelta sarà rimessa ai decisori della strategia sperimentale e al parere dei comitati etici e dell’autorità competente. Per meglio disegnare e ottimizzare lo studio randomizzato, oltre alla ordinaria revisione sistematica degli studi il CNB reputa opportuno procedere anche con la analisi sistematica di tutti i dati relativi ai trattamenti passati e in corso nel contesto italiano, nella forma più completa e accurata possibile, nonché utilizzare gli studi osservazionali prospettici attualmente disponibili. All’interno della sperimentazione, così come nell’eventuale pratica clinica al di fuori di essa, particolare attenzione deve essere posta al percorso psicoterapeutico/psicologico, ed eventualmente psichiatrico, che potrebbe portare all’uso della triptorelina: il processo decisionale deve essere sempre ampiamente documentato in tutti i suoi passaggi. Va inoltre garantita una dimensione campionaria idonea, anche ricorrendo a studi multicentrici; ed è indispensabile differenziare ogni sperimentazione per sesso.
In conclusione, considerata l’incertezza sul rapporto rischi/benefici del blocco della pubertà con triptorelina, il CNB auspica che le prescrizioni avvengano solo nell’ambito delle sperimentazioni promosse dal Ministero della Salute e che i pazienti aderiscano ad esse. Il CNB raccomanda inoltre che la prescrizione del bloccante della pubertà, a prescindere dalla strategia sperimentale scelta o dalla natura dello studio, avvenga secondo criteri di prudenza, assicurando che i pazienti siano sempre valutati e seguiti i da una équipe multidisciplinare, e che ricevano un idoneo intervento psicologico, psicoterapeutico ed eventualmente psichiatrico, indispensabile prima della decisione di prescrivere il farmaco, al fine di valutarne l’opportunità. Tali interventi sono altrettanto necessari durante la fase di somministrazione del farmaco e anche successivamente ad essa, nel miglior interesse della salute dell’adolescente, che si trova indubbiamente in una fase difficile della sua vita. Il CNB raccomanda altresì che la prescrizione della triptorelina avvenga solo dopo che le terapie psicologiche/interventi psicosociali e eventualmente psichiatrici non si siano rivelati efficaci. La metodologia appena descritta - ovvero il ricorso a valutazioni cliniche multidisciplinari e la prescrizione della triptorelina solo a seguito della constatata inefficacia delle terapie psicologiche e/o psichiatriche - va assicurata anche nell’eventualità di somministrazioni al di fuori delle sperimentazioni, cioè nel caso di diniego del consenso alla sperimentazione o a seguito di specifiche valutazioni cliniche del medico, che andranno sempre rappresentate nell’ambito della raccolta dei dati. In questi ultimi casi, il CNB raccomanda che tutti i dati relativi all’accesso al trattamento, all’intero percorso e al seguente follow up siano sempre trasmessi a un apposito Registro dedicato, istituito presso il Ministero della Salute o presso una delle istituzioni sanitarie pubbliche di riferimento, come ISS, AIFA, Agenas, ecc."

Spero che i soci siano consapevoli che avere passato una vita professionale a fare ricerca in psicoterapia e pubblicare voglia dire qualcosa.

In aggiunta a questo ho assistito a un dibattito sulla violenza di genere. Sono state espresse varie idee e non ritorno al merito. Mi limito a citare qui alcuni riferimenti scientifici recenti sulla Violenza Domestica (intimate partner violence) e sull'associazione tra psicopatologia e stalking.
Dal momento che verranno pubblicati gli atti del congresso, mi aspetto dai curatori del volume un accorto lavoro di revisione in modo che i capitoli pubblicati tengano conto di tali dati e, se gli autori intendono contestare i dati riportati, lo facciano riportando altri dati di ricerca che smentiscano quanto io riporto qui.
Perché la SITCC è una società scientifica, non è Instagram, X, Bluesky, TikTok e quello che volete, è una società scientifica e la scienza è ricerca e numeri e discussioni sui numeri. E tale deve rimanere

Vado nello specifico. Associazioni tra stalking e psicopatologia.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs ... 2/pmh.1567

https://journals.sagepub.com/doi/abs/10 ... 4818760643

https://journals.sagepub.com/doi/abs/10 ... 7413479408

https://link.springer.com/article/10.10 ... 008-9149-5

https://www.sciencedirect.com/science/a ... 8920301658
Di questi il più solido è la review di
che sintetizza i risultati così : "I legami tra psicopatologia e stalking rimangono empiricamente inconcludenti. Sono state riscontrate poche caratteristiche psicopatologiche distinte e comuni tra i campioni di stalker, il che non sorprende data l'eterogeneità degli studi e dei campioni di stalker. Questa revisione sistematica raccomanda che, data l'eterogeneità degli stalker come gruppo di clienti, un approccio basato sulla formulazione dei casi per comprendere i loro comportamenti è fondamentale nella pratica clinica. Questo per evitare di affidarsi a risultati empirici limitati e a congetture sulla psicopatologia degli stalker come gruppo. La letteratura specifica per tipologia e basata sull'evidenza dovrebbe essere alla base del processo decisionale clinico e forense. Ulteriori revisioni potrebbero trarre vantaggio dalla sintesi delle evidenze empiriche basate su tipologie distinte e dalla differenziazione delle caratteristiche psicopatologiche di maschi e femmine che praticano lo stalking".

Violenza domestica e protezione dei minori.
In sintesi per proteggere i minori bisogna proteggerla dalla violenza tra i genitori. Non dalla violenza dei padri verso le madri. Questo perché dati alla mano la violenza domestica è nella maggioranza bidirezionale e quando è unidirezionale tutte le review indicano che è iniziata più di frequente dalle donne. Sì, è così.
Riporto dalla review di Lysova et al 2024 uscita su Partner Abuse: "La media delle segnalazioni di IPV di natura bidirezionale è stata del 52,8% (dal 44,8% tra gli studenti delle scuole medie o superiori a quasi il 60% tra i campioni di studenti clinici e universitari). I nostri risultati dimostrano una sostanziale coerenza con la revisione del 2012, che ha riscontrato il 57,5% (dal 49,2% tra i campioni non militari orientati al trattamento femminile al 69,7% tra i campioni militari orientati al trattamento legale/giudiziario). Ciò convalida l'importanza di considerare l'IPV come un fenomeno complesso e ricco di sfumature, che può verificarsi con entrambi i partner impegnati nella violenza - in modo attivo o reattivo - durante le relazioni. Un secondo risultato è che il rapporto tra IPV unidirezionale da donna a uomo rispetto a quella da uomo a donna varia in modo significativo tra tutti e cinque i campioni. In tutti i campioni, i tassi di violenza unidirezionale perpetrata dalle donne erano più alti dei tassi di violenza unidirezionale perpetrata dagli uomini (rispettivamente 31,4% e 16,9%)."

Riporto poi l'estratto della review di Machado et al. 2024: “I risultati hanno mostrato che la violenza bidirezionale è il modello più comune di violenza, con la violenza psicologica che è il tipo di violenza bidirezionale più segnalato; uomini e donne hanno riferito di violenza bidirezionale in percentuali simili e le coppie omosessuali hanno riferito percentuali più alte di violenza bidirezionale rispetto alle coppie eterosessuali. Questi risultati contraddicono la visione patriarcale della violenza che assegna il ruolo esclusivo di vittima alle donne e di carnefice agli uomini, dimostrando che la violenza si verifica indipendentemente dal sesso o dall'orientamento sessuale. Le implicazioni pratiche e le direzioni future a livello di politiche pubbliche per dare visibilità al fenomeno saranno debitamente discusse.”

In letteratura trovate qui alcuni articoli sull'efficacia dei trattamenti per ridurre la violenza domestica negli autori maschili, che devo assolutamente ricordare sono univocamente responsabili delle forme più violente

Cafferky et al. (2018). Substance use and intimate partner violence: a meta-analytic review. Psychology of Violence, 8(1), 110
Cannon et al (2016). A Survey of Domestic Violence Perpetrator Programs in the United States and Canada: Findings and Implications for Policy and Intervention. Partner Abuse, 7(3), 226–276.
Carney et al. (2006). Predictors of Batterer Intervention Program Attrition: Developing and Implementing Logistic Regression Models. Journal of Offender Rehabilitation, 43(2), 35–54.
Collison, K. L., & Lynam, D. R. (2021). Personality disorders as predictors of intimate partner violence: A meta-analysis. Clinical Psychology Review, 88, 102047–102047.
Eckhardt et al (2013). The effectiveness of intervention programs for perpetrators and victims of intimate partner violence. Partner Abuse, 4(2), 196-231
Feder L., & Dugan L. (2002). A test of the efficacy of court-mandated counseling for domestic violence offenders: The Broward Experiment. Justice Quarterly, 19(2):343-75.
Fowler, K. A., & Westen, D. (2011). Subtyping Male Perpetrators of Intimate Partner Violence. Journal of Interpersonal Violence, 26(4), 607–639.
Karakurt et al (2019). Meta-analysis and systematic review for the treatment of perpetrators of intimate partner violence. Neuroscience & Biobehavioral Reviews/Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 105, 220–230.
Machado et al (2024). Bidirectional violence in intimate relationships: A systematic review. Trauma, Violence, & Abuse, 25(2), 1680–1694.
Mayshak et al (2022). Alcohol-involved family and domestic violence reported to police in Australia. Journal of interpersonal violence, 37(3-4), NP1658-NP1685.
Neilson et al (2023). Emotion regulation and intimate partner violence perpetration in undergraduate samples: A review of the literature. Trauma, Violence, & Abuse, 24(2), 576–596

Nella successiva email parlo delle note positive (tante) del congresso
Giancarlo
angelo maria inverso

Re: Congresso SITCC Pescara parte 1: bloccanti della pubertà e violenza

Messaggio da angelo maria inverso »

A tutti i colleghi, salute
Ho aspettato un po' ad intervenire sulla mail di Dimaggio perché immaginavo arrivasse un profluvio di prese di posizione a favore o contro le sue tesi, ma vedo che il dibattito langue.
Il congresso di Pescara ha portato argomenti e lavori egregi, tantissimi e tantissimi veramente di livello alto, per tutti quelli dei giovani colleghi premiati. Ciononostante, i momenti più attivanti del congresso sono stati il ricordo di Bruno Bara e la sessione sui puberty blockers.
La comunicazione del presidente (auguri per la rielezione) ci dice che le posizioni espresse dai nostri rappresentanti sono state accolte nel documento ministeriale. Bene , ma questo non basta ancora.
l tema è duplice: la sicurezza dei trattamenti, lo scopo e le finalità degli interventi sanitari.
Questi due temi sono rilevanti non solo per i puberty blockers ma anche, ad esempio, per il metilfenidato e gli anfetaminici in età infantile.
Il problema si può proporre in due quesiti:
A cosa devono servire questi farmaci?
Qual è il loro profilo di sicurezza , non a 6, o 12, o 24 mesi, ma nel corso dello sviluppo e fino all'età adulta?

Alla prima domanda ha risposto in modo impeccabile la relazione di Marco del Giudice (auguri al nostro socio onorario). Sarebbe bellissimo se anche i colleghi che non hanno avuto la fortuna di partecipare al congresso ne potessero avere contezza.
Alla seconda si deve rispondere che non sono farmaci innocui. Non lo sono e la sola giustificazione legittima è che sono indispensabili per curare una malattia ben definita, oppure che sono farmaci salvavita. A questa domanda (prevengono davvero il suicidio?) formulata in modo chiarissimo da Del Giudice nel dibattito successivo alle relazioni non c'è stata risposta.
Se il tema al fondo della discussione fosse questo si avrebbe avuto, ne sono certo, l'unanime consenso dei partecipanti, che invece non c'è stato. Se il tema fosse la necessità, la utilità, la sicurezza di un farmaco chi avrebbe obbiettato al "principio Dimaggio":
glielo do solo se è dimostrato che funziona per gli scopi per cui viene prescritto e non gli fa male.
Dico di più: questo è compito dell'agenzia del farmaco, che prima di autorizzarne l'uso deve definirne i diversi profili ed assicurare che, somministrato secondo le modalità prescritte, la bilancia rischi benefici è sicuramente a favore dei benefici e che il rischio non è troppo alto. Il medico che prescrive non dovrebbe avere l'onere di definire i profili di sicurezza del farmaco che somministra.
Non è stato così, l'uditorio si è diviso, il chair ha attaccato in modo sgradevole, irrituale e protervo Giancarlo, a cui deve andare, quandanche non si condividano le sue tesi, la solidarietà di tutti i colleghi.
Qual è dunque il cuore nascosto del problema?
E' difficile formularlo in modo chiaro e incontrovertibile, provo in forma di sonda: La società, nel suo complesso, deve disporsi a fornire tutte le risorse (economiche , legislative, mediche etc.) per rendere attuabile il desiderio delle persone di modificare le proprie caratteristiche biologiche, assecondando questo desiderio senza condizioni?
Il problema si pone adesso per il tema dell'identità sessuale, ma si porrà in seguito per altre modifiche rese possibili dal progresso scientifico-tecnologico. E' il tema del Cyborg, del superuomo, e delle promesse (o minacce?) del "genio" Elon Musk.
Prima di rispondere sì al quesito io ci penserei un sacco di volte, forse per tutta la vita.
Meditate gente, meditate!
State bene
Angelo Inverso
Antonio Leone

Re: Congresso SITCC Pescara parte 1: bloccanti della pubertà e violenza

Messaggio da Antonio Leone »

Condivido la posizione di A. M. Inverso e gli sono grato per il coraggio che dimostra nell'esprimere delle idee che travalicano un mero scientismo di maniera per abbracciare una dimensione che comprenda sia l'etica che la psicosociologia. Alla domanda intelligentemente posta su come la società nel suo insieme debba porsi nei confronti del desiderio delle persone di modificare le proprie caratteristiche biologiche, mi azzarderei a rispondere: attenzione, al "transumanismo" sono connessi rischi gravissimi in un momento storico in cui la dimensione dell'informazione e della comunicazione sociale sono, con tutto il rispetto, totalmente fuori dal controllo di sedicenti comitati etici o comitati di garanzia che dir si vogliano. Occorre che le società scientifiche coinvolte a vario titolo in tali processi si ispirino a quello che in altro modo non saprei definire se non utilizzando una nota (ma ormai desueta?) espressione del grande pediatra e neurologo ormai scomparso Adriano Milani Comparetti, il quale mettendo in guardia le pratiche riabilitative del suo tempo dai rischi di condizionamento tecnocratico, raccomandava a tutti gli operatori della salute mentale l'osservanza di un PRINCIPIO DI MODERAZIONE NELLA TUTELA DEI MINORI (moderazione e meditazione originano dallo stesso suffisso mod/med, da cui anche medico/medicina).

P.S.: sarei molto interessato a leggere la relazione di Marco del Giudice!
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