Uno sguardo diverso sull'ADHD

claudio bissoli
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Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da claudio bissoli »

RIPENSARE L’ADHD
Un caro buongiorno a tutti,
grazie Angelo per tenere viva la discussione nel tentativo, spero fruttuoso, di rivedere la complessità del fenomeno ADHD e ripensarla alla luce dei progressi delle ricerche sull’argomento e delle esperienze cliniche di tutti noi.

Per chi lavora in prima linea con le famiglie e le turbolenza dei bambini/e con disturbi dell’autocontrollo, appare evidente che c’è qualcosa che non torna.

Angelo ci ricorda il problema di sovradiagnosi e quindi di inquadramento diagnostico e di trattamento. Sono evidenti le prove dell’inflazione diagnostica (Bloom, Cohen e Freeman 2011), un’epidemia che richiede un’analisi e una comprensione seria per riportare in primo piano il bambino e i suoi bisogni ed evitare di “problematizzare” sinonimo di “medicalizzare” le diversità/differenze/peculiarità che incontriamo. Pensiamo solo al fatto che (le considerazioni sarebbero molto più ampie), l’età di nascita di un bambino è un fattore predittivo rispetto alla possibilità di ricevere una diagnosi (Age level vs grade level for the diagnosis of ADHD and neurodevelopmental disorders .Maurizio Bonati et al. the Lombardy ADHD Group, 2018 - Attention Deficit–Hyperactivity Disorder and Month of School Enrollment. Timothy J. Layton, 2018 - Influence of relative age on diagnosis and treatment of attention-deficit/hyperactivity disorder in children Richard L. Morrow MA, 2012). Tutte le ricerche che hanno analizzato il fenomeno e ci mettono in guardia sulla facilità con la quale vengono fatte le diagnosi di ADHD, evidenziando come i bambini più piccini (per il nostro paese quelli nati nel secondo semestre e nell’ultimo trimestre rispetto al gruppo classe che segue gli standard di iscrizione alle primarie italiane), hanno una probabilità maggiore di ricevere una diagnosi. Come se “l’immaturità fisiologica” di un bambino (sappiamo bene quanto e in che modo lo sviluppo delle funzioni esecutive non seguano una crescita lineare ma continua e differenziabile in ogni individuo ed in relazione a mille variabili ambientali) sia stata trasformata in una discrepanza degna di essere etichettata come un disturbo, una malattia da curare (Morrow et al. 2012, Bruchmuller et al. 2012).

E qui stiamo analizzando la dimensione infantile, nell’adulto la faccenda diventa ancora più complessa e intricata. Ma ho poca esperienza dei processi di diagnosi e cura dell ADHD nell’adulto e sarebbe fruttuoso con un confronto con i coleghi ce se ne occupano in prima persona.

Un altro punto che vorrei toccare, manifestando un evidente critica, è l’atteggiamento (forse meglio appiattimento) su una clinica orientata oltre modo, al positivismo scientifico che ha accompagnato la psichiatria (e quindi aimè la psicologia) in questi ultimi vent’anni. Una visione probabilmente spinta e supportata dagli enormi progressi e straordinarie conoscenze legate allo sviluppo delle neuroscienze. Scoperte e ricerche riportare nel mondo della clinica con, oggi possiamo dirlo(?), un certo azzardo. Sembra che ad un certo punto il modello biomedico avesse un’estrema necessità di farsi notare e di ritagliarsi uno spazio privilegiato nel mondo della salute mentale in età pediatrica. L’ADHD (non solo purtroppo) sembra sia stata una ghiotta occasione. Per anni ci è stata proposta la versione, riduzionistica e parcellizzata, che difficoltà di concentrazione, impulsività e discontrollo fossero direttamente legati a evidenti e chiari deficit neurobiologici. Questa narrazione biomedica ha e sta avendo un impatto devastante nel campo della salute mentale soprattutto in età evolutiva, con ricadute e derive sociali e culturali pericolose (parafrasando Angelo). Un mese fa una mamma particolarmente in allarme e preoccupata per la disorganizzazione del figlio di 9 anni diagnosticato in una Uonpia Lombarda mi ha chiesto se l utilizzo delle cellule staminali potesse essere efficace per la cura dell’ADHD (potrei raccontare molti episodi che denotano la confusione e la comunicazione del fenomeno ADHD legato esclusivamente ad una spiegazione biomedica). Forse possiamo permetterci di dire che un approccio unicamente biomedico ai disturbi mentali rimane al momento una presunzione ideologica non basata su dati scientifici. Non esiste un singolo fattore di rischio che spieghi l'ADHD. I recenti progressi rendono ancora più chiaro che la fisiopatologia dell’ADHD è più complessa di quanto suggerito dalla ricerca del ventesimo secolo (genetica, struttura SNC, chimica) e supportano l’idea che l’ADHD non è una condizione unitaria ma è invece un percorso finale comune di molti fattori biologici e ambientali. Come altri disturbi complessi, l'ADHD non è spiegato da nessun singolo fattore e non tutti coloro che sono esposti a specifiche avversità, a un determinato fattore di rischio, presentano un disturbo. Cosi come sappiamo che molti fattori di rischio possono interagire con un costituzionalità già fragile e impattare negativamente sulla disorganizzazione del bambino (a riguardo ricordo gli importanti studi sugli Adverse Childhood Experiences, ACEs). Si parla di multicomplessità, si deve tornare a parlare di modello Bio-Psico-Sociale, di psicologia evoluzionistica (una volta se ne parlava apertamente anche tra noi cognitivisti), di fattori di rischio e fattori di protezione. La complessità del bambino inserito in un contesto relazionale (attaccamento-accudimento), che si interfaccia con un contesto sociale e culturale spesso disarmonico (erosione dei legami comunitari) e tossico per uno sviluppo equilibrato (stress genitoriale, impatto tecnologie-device).

Ci sarebbe poi il problema del trattamento, solo un accenno al fatto che gli interventi educativi/riabilitativi sono interventi necessari ma non sufficienti al sostegno verso un integrazione del bambino in armonia con i differenti ambienti di vita. Qual è quindi il ruolo e la valenza di un intervento psicoterapeutico, qual è il suo surplus? E l’intervento farmacologico? Quando è un intervento basato sull’uso razionale del farmaco? Quando osserviamo un giusto e corretto equilibrio fra il trattamento farmacologico e quello non farmacologico? Quanti trattamenti purtroppo si basano esclusivamente su farmaco e quindi ricalcano un’esclusività dannosa del modello biomedico?

Alcuni, nel qui presente rotolone, accennavano agli importanti studi sul trauma (Van Der Kolk), che possono aiutarci ad illuminare il fenomeno del discontrollo, dell’impulsività. Altri riportavano le importanti considerazioni di D.Siegel sul concetto di “neurobiologia interpersonale”. Sicuramente altri studi e riflessioni e soprattutto l’esperienza del clinico, possono aiutare a rivedere e ripensare il concetto di ADHD, di discutere e portare suggestioni sul fenomeno complesso ed eterogeneo delle difficoltà di autocontrollo nella società moderna e su questa “disattenzione” di massa. Penso, come Angelo, che sia necessario scendere in campo e provare ad incontrare i bambini e le loro famiglie con uno sguardo differente, ampio e curioso. Uno sguardo che ci porti oltre le diagnosi e i trattamenti protocollati, uno slancio verso la complessità dei fenomeni umani e analisi su più livelli che possa includere fattori cognitivi, comportamentali, ambientali, sociali e biologici. Ripensiamo insieme l’ADHD, ripensiamo insieme la clinica.
Un caro saluto a tutti i colleghi, spero a presto
Claudio Bissoli
Angelo Maria Inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angelo Maria Inverso »

Salute.
Vorrei insistere sull'argomento del ricorso sempre più frequente, richiesto e sollecitato da genitori, istituzioni e "comunità scientifica" alla terapia farmacologica nell'adhd che è specchio della tendenza che va diffondendosi nella mia specialità medica (Neuropsichiatria infantile) a ricorrere a interventi farmacologici in età infantile, preadolescenziale e adolescenziale in assenza di studi di sicurezza sugli effetti a lungo termine di farmaci assunti per mesi o forse anni, come accade per gli psicostimolanti nell'adhd. Lo faccio, anche se sono consapevole che l'argomento può non essere il più interessante per chi pratica la psicoterapia, perché lo diventa se penso a quanto in casi di impasse terapeutica si è tentati di richiedere al medico un trattamento farmacologico.
Questo argomento richiederebbe una speciale attenzione e sicuramente prima o poi qualcuno lo porrà al centro della nostra attenzione.

Torno al punto.
Nel 2018 Andrea Cipriani, Nicoletta Adamo, Cinzia Del Giovane, David Coghill, Tobias Banaschewski, Chris Hollis, Alessandro Zuddas, Emily Simonoff, Samuele Cortese conducono una metanalisi sull'eficacia dei trattamento farmacologici con psicostimolanti (lo studio è citato nella mia precedente mail). Lo studio viene criticato sotto il profilo metodologico da Faltinsen (il riferimento lo trovate nella suddetta precedente mail). Una critica ulteriore viene proposta da Shuai Wang e Yi Zheng (www.thelancet.com/psychiatry Vol 5 November 2018 ) i quali così concludono la loro critica "In summary, Samuele Cortese and colleagues made an effort to compare ADHD medications in terms of efficacy and tolerability. Their findings are likely to have a substantial effect on clinical practice guidelines. Although the findings of their analysis are undoubtedly important, the results should be considered within a wider clinical context, including side-effects and comorbidity."

Warren pone gli stessi rilevi in forma più incisiva:
To justify the trend for prescribing attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) drugs requires a detailed risk-benefit analysis. The statistical
approach of meta-analysis used by Samuele Cortese and colleagues1 gives support to the efficacy of ADHD medication. However, their meta analysis provides little reassuranceof safety. Tolerability, cited as a reassuring measure of safety, is a limited endpoint. Tolerability to heroin does not confirm its safety, and tolerability to homeopathic remedies does not confirm their efficacy. Both the diagnosis and the primary measures of efficacy in psychiatry rely on changes in symptoms compounded into score-based rating scales. Individual symptoms alone are not powerful enough for change to be detected. Adverse events are not grouped in this way, so the safety analysis does not match the power of the efficacy composite endpoint.2 This imbalance is analogous to detecting efficacy with a microscope and safety with a passing glance. On a rare occasion where psychiatry used a sensitive composite endpoint for safety, the Columbia-Suicide Severity Rating Scale, a range of drug labels were updated to reflect previously undetected safety concerns.3 Adverse events for any ADHD drug include central and peripheral symptoms that could easily be compiled into a composite endpoint to reflect their unwanted sympathomimetic activity.2 Safety concerns about amphetamines, or amphetamine-like drugs—often now used for ADHD—were discovered in the 1940s and 1950s. Starting so many children on a potential lifetime of amphetaminetype drug use is relatively new in the UK, copying practice in the USA. The use of composite endpoints on only one side of the risk-benefit equation to justify this is not evidence-based medicine.2


La risposta degli autori a questo rilievo è particolarmente interessante e allarmante (almeno per me).

Essi scrivono:
In our network meta-analysis, we summarised the best available evidence about efficacy and acceptability of ADHD medications. In the protocol, we planned analyses of clinical outcomes at different time points (acute and long term) but, unfortunately, there are not enough randomised controlled trials in the field. More long-term data and higher quality studies are urgently needed.
We totally agree with John Warren that it is important to consider reliable information also about safety and harms when choosing a pharmacological treatment for ADHD (of course, this applies to any intervention in any disorder in any field of medicine). We are working on this question and have almost completed
the data collection for a parallel project (based on the same protocol), which investigates the profile of specific adverse events for each drug, including—among others—psychotic symptoms, suicidality, sleep problems, headache, loss of appetite, and tics. This information about tolerability will complete the clinical picture of the safety profile of ADHD medications and will better inform patients, carers, clinicians, and treatment guidelines
.


Ad oggi questi studi non compaiono. Invece nei paesi guida (Stati Uniti, Inghilterra e Australia) si continuano a prescrivere farmaci psicostimolanti (sia metilfenidato che anfetamina) a dosi incredibili: il metilfenidato a dosi da 72 mg/die (informazioni ufficiali sul prodotto), a 108 mg/die (linee guida di pratica clinica di quel paese).
La dose massima in Italia è 60 mg/die.
Qousque tandem?
Anche per questo considero importante che nella nostra società (SITCC) si rifletta sul fenomeno ADHD e sul suo significato, anche sociale, e la sua portata. Cosa la psicoterapia cognitiva può dire e fare per conoscere, intervenire, aiutare.
Scusate la lunghezza della mail che ho considerato indispensabile
State bene e a presto.
Angelo Inverso
Angelo Maria Inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angelo Maria Inverso »

..giusto per essere pistino (come si dice nel posto in cui vivo) questo è un artico appena pubblicato su JAMA sul tema

Zhang L, Li L, Andell P, et al. Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder Medications and Long-Term Risk of Cardiovascular Diseases. JAMA Psychiatry. Published online November 22, 2023. doi:10.1001/jamapsychiatry.2023.4294
State bene e state
attenti
Angelo Inverso
angelo maria inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

...Giuro che è l'ultima informazione sul "Vitello d'oro n.ro 1" ("meglio i farmaci: sono efficaci e gli effetti collaterali sono trascurabili" il bambino va bene a scuola, gli insegnanti non si lamentano, non dobbiamo spendere inutili soldi dagli psicologi e si può fare tranquillamente la spesa al supermercato senza doverlo rincorrere". E poi, Lo dice la scienza! ).

Voila un dibattito tra due farmacologi della prima ora sugli effetti a lungo termine degli psicostimolanti, proposto da Samuele Cortese e condotto da David Coghill (Favorevole) e James M. Swanson, (contrario).Cortese S, Swanson JM, Coghill D (2020) Debate: are stimulant medications for attention-deficit/hyperactivity disorder effective in the long term? J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 58:936–139

Swanson propone tutti gli argomenti contrari e sono tanti e sono piuttosto convincenti, ma la posizione più "interessante" è quella di Coghill.
Il nostro autore (australiano) sostiene - dopo avere ammesso che lo studio MTA ha accertato il declino nel tempo degli effetti farmacologici
(At the final follow-up, 12-16 years after the start of the study, there were no observable differences in symptom ratings between those who had received negligible, inconsistent or consistent ADHD medication in the intervening years.
- che la soluzione sia aumentare progressivamente la dose del farmaco fino a ottenere nuovamente l'effetto
(When the first results from the MTA were published I looked at them and asked myself ‘why do we not get these outcomes in our clinic? What are they doing that we aren’t?” After looking at the protocols the answer seemed to be: careful titrations, that may result in using higher doses than before and the high quality clinical monitoring with continuing review of progress and treatment adjustments that were based on the outcome measures..

(La sottolineatura in grassetto è mia.)

Si potrebbe, dire seguendo il nostro autore: "che male c'è? in fondo in tante malattie la dose dei farmaci va aggiustata a seconda delle condizioni? Ad esempio nel diabete!"
Beh! se non cogliamo la differenza comincio a preoccuparmi!
Ad ogni buon conto, ci si potrebbe leggere la ricerca sugli effetti sulla via dopaminergica cerebrale dell'uso prolungato di psicostimolanti (e sono solo 12 mesi di trattamento).
Cito la conclusione:
Here we report an upregulation of DAT secondary to long-term treatment with stimulant medication, which could result in further decreases in dopaminergic signaling when the individual with ADHD is not medicated (i.e. over weekend holidays). To the extent that reduced DA release in ADHD is associated with inattention [29], this could result in more severe inattention and the need for higher doses of medication. Though there is limited literature on loss of efficacy of stimulant medication with long-term treatment this is an area that merits further investigation. Studies are necessary to test if DAT down-regulate after MPH discontinuation and the time necessary for their recovery.
Wang, G. J., Volkow, N. D., Wigal, T., Kollins, S. H., Newcorn, J. H., Telang, F., ... & Swanson, J. M. (2013). Long-term stimulant treatment affects brain dopamine transporter level in patients with attention deficit hyperactive disorder. PloS one, 8(5), e63023.

Ho chiuso con il " vitello d'oro n.ro1". Il "Vitello d'oro n.ro 2" sono gli studi RMN. Ma di questo parleremo un'altra volta.
State bene e buon Natale a tutti.
Angelo Inverso
Angelo Maria Inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angelo Maria Inverso »

A tutti i colleghi, salute
Brevissimo; solo per segnalarvi un articolo di notevole rilevanza che fa il punto (sempre in ambito mainstream) sulla discussione in corso sulla consistenza e la problematica relative all' ADHD.
Edmund J.S. Sonuga-Barke e al Research Review: Perspectives on progress inADHD science –from characterization to causeOctober 2022Journal of Child Psychology and Psychiatry 64(4) DOI:10.1111/jcpp.13696 LicenseCC BY-NC-ND 4.0

L'articolo è di libero accesso.
Ci risentiamo su queste frequenze.
State bene.
Angelo Inverso
Antonio Onofri

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Antonio Onofri »

Grazie mille della segnalazione, Angelo!
Lo leggeremo con grande interesse
Antonio
Roberta Panvini

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Roberta Panvini »

Buongiorno a tutti i colleghi e ben ritrovati a Angelo e Claudio.
Vi ringrazio per i riferimenti bibliografici e gli spunti di riflessione sul tema. MI ritrovo nella schiera degli insoddisfatti, avendo sperimentato la difficoltà o la mancanza di volontà di confronto tra specialisti su alcuni casi in comune, concettualizzati e trattati infine in modo quantomeno frettoloso.... Credo sia necessario mantenere vivo il dibattito e l'aggiornamento a riguardo, così che anche punti di vista divergenti possano essere tenuti in considerazione, arricchendo della necessaria complessità i processi di diagnosi e cura.
Lo sento doveroso avendo nella mente alcuni miei piccoli pazienti.
Ecco la mia mail per sentirci: roberta.panvini@gmail.com
Un caro saluto e apresto
Roberta Panvini
angelo maria inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

A tutti i colleghi, salute
La mail di Roberta focalizza la nostra attenzione su cosa significhi per un clinico (psicoterapeuta) il paradigma biologico-genetico dell'ADHD e di come, sottilmente e senza prove cogenti, l'intero indirizzo di sanità pubblica obliteri ogni alternativa.
La cosa nuova è che contro il paradigma sunnominato le prove di inconsistenza si sono accumulate in modo critico e che non bastano le ipotesi ad hoc per mantenerlo in piedi. E' una crisi di paradigma. Serve UNO SGUARDO DIVERSO ma, purtroppo, anche i sostenitori di una crisi paradigmatica mantengono LO SGUARDO CONSUETO. Consiglio la lettura della sezione 4 dell'articolo già citato in una precedente mail, curato Edmund Sonuga-Barke per averne conferma.

Vorrei come sempre supportare la mia tesi con almeno due esemplificazioni:
1. le forme "pure" di ADHD sembrano essere l'eccezione piuttosto che la regola: l'ADHD è praticamente comorbido con l'intero campo della psicopatologia. Il dato è talmente noto che non cito bibliografia. Qualcuno potrebbe chiedersi se la relazione non sia psicopatologia comorbida (associata) con ADHD (diagnosi principale) ma il contrario ( e questo fa la differenza per un clinico) e io me lo chiedo da tempo.
2. In realtà alla triade deficit di attenzione, iperattività, impulsività si aggiungono difficoltà di regolazione emotiva (ERD) e ritmo cognitivo lento (SCT). Voi pensereste che si tratta di condizioni accessorie, presenti in una frazione poco significativa di casi. In verità la presenza del complesso sintomatologico ERD coinvolge il 40-50% dei bambini, prevalentemente le forme combinate (Faraone e coll. 2019) mentre quello STC il 25-40% dei soggetti, prevalentemente le forme con prevalente disattenzione e combinate (Barkley, 2013).
A presto.
State bene
Angelo Inverso

PS: Le forme pure esistono, tutti i clinici ne conoscono l'esistenza per averla incontrata. Non si nega l'esistenza di una Sindrome, ma ci si chiede se equivalga ad una "malattia" e la risposta sembra essere: NO.

(Sonuga-Barke EJS, Becker SP, Bölte S, Castellanos FX, Franke B, Newcorn JH, Nigg JT, Rohde LA, Simonoff E. Annual Research Review: Perspectives on progress in ADHD science - from characterization to cause. J Child Psychol Psychiatry. 2023 Apr;64(4):506-532. doi: 10.1111/jcpp.13696. Epub 2022 Oct 11. PMID: 36220605; PMCID: PMC10023337.)

Faraone SV, Rostain AL, Blader J, Busch B, Childress AC, Connor DF, Newcorn JH. Practitioner Review: Emotional dysregulation in attention-deficit/hyperactivity disorder - implications for clinical recognition and intervention. J Child Psychol Psychiatry. 2019 Feb;60(2):133-150. doi: 10.1111/jcpp.12899. Epub 2018 Apr 6. PMID: 29624671.

Barkley RA. Distinguishing sluggish cognitive tempo from ADHD in children and adolescents: executive functioning, impairment, and comorbidity. J Clin Child Adolesc Psychol. 2013;42(2):161-73. doi: 10.1080/15374416.2012.734259. Epub 2012 Oct 24. PMID: 23094604.
Angelo Maria Inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angelo Maria Inverso »

A tutti i colleghi, salute.
In attesa di poter incontrare i curiosi, gli scettici e gli interessati in una iniziativa che ci ripromettiamo di organizzare, vi invito a leggere un recente ampio articolo di Systematic meta-review of systematic reviews che può dare una indicazione sommaria sullo stato dell'arte. Vi invito a leggere in particolare la sezione dedicata alle terapie non farmacologiche.
Per noi psicoterapeuti è particolarmente importante avere la consapevolezza che l'intervento psicoterapeutico non è un succedaneo di quello farmacologico o educativo in senso stretto. La qualità dell'intervento è la nostra sola arma. Abbiamo bisogno di profondità e conoscenza approfondita del problema per poter lavorare in serenità con genitori e istituzioni che cercano spesso la "terapia come controllo" di comportamenti indesiderati.
Il DOI dell'articolo è il seguente DOI: 10.1192/j.eurpsy.2023.2451
State bene
Angelo Inverso
angelo maria inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

A tutti i colleghi, salute.
Diamo seguito a quanto in varie riprese avevo promesso.
Dopo lo scambio di mail un gruppo di lavoro si è attivato portando fruttuosi scambi di idee e riflessioni sul tema dell'ADHD e dei disturbi del Neurosviluppo., Ora siamo ora pronti per coinvolgere colleghe/i interessati al tema proposto. Abbiamo pensato di formulare un breve questionario per stimolare le riflessioni e nel contempo organizzato un Meet per venerdi 31 maggio dalle ore 18.00.
State bene
Angelo Inverso

Ecco il nostro piccolo annuncio:

“Uno sguardo diverso sull’ADHD”


Considerando l'aumento di diagnosi classificate con ADHD e la crescente sofferenza espressa da bambini, adolescenti e giovani adulti, proponiamo un breve questionario per coinvolgere i colleghi in una riflessione condivisa: è possibile adottare uno sguardo diverso e a nostro parere, più utile all’ ADHD?

Negli  ultimi decenni si è attribuito a cause esclusivamente biologiche e soprattutto genetiche l'adhd ma è importante considerare anche l'impatto dell'ambiente e dei contesti sociali sul comportamento delle persone. L'ambiente, le dinamiche di relazione, plasmano lo sviluppo strutturale e funzionale del SNC e dell’unità mente corpo. Vi è' un di influenza reciproca in continua evoluzione.

Per chi fosse interessato, il questionario si pone come ponte per un successivo step di condivisione nel contesto di un incontro online, per avviare un processo condiviso di esplorazione del tema.

Desideriamo organizzare un incontro online per esplorare insieme nuove prospettive sull'ADHD e condividere le nostre esperienze cliniche.

Di seguito il link che vi porterà alla pagina del questionario Google Forms.

Se sei interessato a partecipare, ti invitiamo a unirti a noi per questa discussione, compilando il questionario che ti permetterà di ricevere il link per l’incontro.
L’incontro online è previsto per il giorno 31 maggio, dalle ore 18:00 alle ore 20:00.

Ti ringraziamo per la tua partecipazione!

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIp ... &w=1&flr=0

Claudio Bissoli
Tiziana Frau
Giovanna Fungi
Angelo Maria Inverso
Alessia Minellono
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