Uno sguardo diverso sull'ADHD

angelo maria inverso
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Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

Carissimi colleghi,
E' stato pubblicato un numero monografico di Frontiers in Psychiatry che affronta il tema della diagnosi di ADHD da una prospettiva eterodossa.
Lo segnalo a tutti gli insoddisfatti. Magari se ne potrebbe anche discuterne. Come sapete la rivista è di libero accesso.
Questa è la referenza:
Front. Psychiatry, 16 January 2023
Sec. Social Neuroscience
Volume 13 - 2022 | https://doi.org/10.3389/fpsyt.2022.1129728
Buona lettura
State bene.
Angelo Inverso
claudio bissoli

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da claudio bissoli »

Buongiorno Angelo,
grazie per il riferimento. Sono stato Referente dal 2007 al 2019 di uno dei Centri Regionali Lombardi per la diagnosi e cura dell'ADHD (Uonpia Policlinico Milano). Sono molti anni che raccolgo informazioni e approfondisco il complesso tema dell'ADHD. Per fortuna qualcuno riesce ad avere voce ed esprimere opinioni divergenti su un disturbo che richiede una nuova analisi e un nuovo punto di vista. Purtroppo nel nostro paese mancano spazi istituzionali dove poter esprimere opinioni differenti ma nel sottofondo sempre più colleghi stanno riformulando le loro opinioni e condividendo procedure differenti per un eventuale diagnosi e trattamento. Che ne pensi se ci sentissimo per approfondire il tema? Claudio Bissoli (claudiobruno.bissoli@fastwebnet.it). Grazie
Davide Nahum

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Davide Nahum »

ciao, piacerebbe anche a me partecipare a questa discussione. Sicuramente ci sono molti temi che non vengono quasi mai toccati
Ad esempio, perchè non si parla e non si studia bene il rapporto tra adhd e alimentazione?
Antonio Leone

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Antonio Leone »

Purtroppo la riflessione è un po' tardiva per chi come me segue da anni le vicende della pedopsichiatria in Italia. Soprattutto a Cagliari, grazie all'endemica debolezza culturale propria della clinica locale e alla compiacenza di molti psicologi, regna già da molti anni la convinzione che l'ADHD (brutto acronimo dietro il quale si che nasconde una vasta complessità fenomenica) sia unicamente affrontabile con procedure farmacologiche. A queste si accompagnano, in ambito psicopedagogico, trattamenti comportamentali che esonerano spesso le famiglie da ogni coinvolgimento diretto nella responsabilità terapeutica.
La lettura del fenomeno ADHD in chiave psicosociale apre alla speranza di recuperare un approccio più serio e scientifico a questa problematica, ma si pone -assieme ad altre tipologie sintomatiche, come i disturbi specifici dell'apprendimento DSA o le disforie di genere- in quella categoria critica di disturbi per l'inquadramento dei quali si rende quanto mai necessaria una lettura complessa, in grado di trascendere la impostazione bio-medica di tipo classico.
Un grazie sentito ad Angelo Inverso che sta portando avanti questo discorso nell'ambito della SITCC.
angelo maria inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

Carissimo Claudio, e stimatissimi colleghi, è una generosa offerta la tua, un'offerta che non si deve rifiutare.
Ci sono situazioni e momenti in cui è importante rifiutare la sintesi thacheriana per cui
There is no alternative
.
Questo, nell' ambito dell'età evolutiva e non solo, vale a mio modo di vedere per la gran parte dei disturbi che il dsm 5 classifica e il mondo accetta come "disturbi del neurosviluppo".
Possiamo cominciare da qui. Proviamoci almeno!
Stai bene.
Angelo
Alessandra Capuozzo

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Alessandra Capuozzo »

Caro Dott. Inverso,

Grazie per questa condivisione, da giovane psicoterapeuta ho trovato questo editoriale stimolante.
Ho alcune riflessioni sull’argomento, sperando di non andare fuori tema.
Riporto alcune parti, secondo me, interessanti:

- “Mills reveals how ADHD was accepted into the third edition of DSM as the result of careful political maneuvering, not scientific endeavor. the 1970s psychiatry experienced a crisis of credibility and many insurance companies in the US questioned the lack of specificity in the methods used for assessment and treatment…”

Qui sembra quasi che metta in discussione la possibilità che esista un funzionamento divergente ADHD o che all’inizio questa diagnosi sia stata enfatizzata solo per altre motivazioni, speculando sul fatto che la diagnosi si basi più su aspetti politici ed economici piuttosto che medici; a prescindere dal contesto politico in cui si è posta l’attenzione sul funzionamento ADHD, in realtà esistono diverse evidenze scientifiche che dimostrano l’esistenza di questo funzionamento. Shaw et al. (2012) parlano di differenze nella maturazione corticale nei bambini ADHD rispetto ai non-ADHD, evidenziando come la maturazione corticale nell’ADHD ritarda di circa un paio di anni rispetto alla maturazione neuro-tipica, ipotizzando che questo possa comportare delle differenze nello sviluppo celebrale. Inoltre, Faraone, et al. (2015) riassumono evidenze che dimostrano quali sono le aree celebrali che funzionano in modo anomalo; inoltre, uno studio ha evidenziato che durante un compito di apprendimento probabilistico, adolescenti ADHD presentano una minore attivazione della Corteccia Mediale Prefrontale pur non riscontrando differenze significative nella performance, facendo ipotizzare che per arrivare allo stesso risultato, forse hanno utilizzato un percorso differente rispetto ai non-ADHD (Hauser, et al., 2014).


- “Koutsoklenis and Honkasilta point out how DSM-5-TR, published in 2022, explicitly and implicitly maintains the essentialist medical scientific metaphor of disorder. For example, it states that “prevalence is higher in special populations such as foster children or correctional settings,” but discussion about the impact of adverse life trajectories is missing. “

Anche qui, diversi studi ci dicono che il contesto ambientale è correlato con lo sviluppo dell'ADHD, come depressione materna, disturbi psichiatrici all’interno del contesto familiare e situazioni ambientali sfavorevoli (Christaki, et al., 2022; Freitag, et al., 2012; Sciberras, et al., 2017).
Se fino a qualche anno fa, non si sapeva che fine facesse l’adulto ADHD, oggi invece vediamo che il funzionamento persiste, modificando alcune manifestazioni (probabilmente a causa delle compensazioni che il paziente mette in atto per adattarsi nella società), con conseguenze talvolta devastanti, infatti nella popolazione ADHD adulta il 94% presenta almeno un disturbo psichiatrico (Bernardi, et al., 2012); come quindi sottolineano gli autori, ma se quindi il funzionamento persiste, tutte le difficoltà dell’adulto ADHD avranno un peso anche sulla prole, quindi intuitivamente diventa più probabile ritrovare il bambino ADHD di seconda generazione che viva in contesti ambientali non semplici.
Questo ovviamente non ci dice ne se il funzionamento ADHD si sviluppi per cause ambientali, ne se ha una base più strutturale, come quella genetica.
Questo diventa un punto centrale su cui sarebbe utile fare ricerche.

- “If the science supporting ADHD diagnosis and treatments is weak and has not advanced significantly since 1980; What is driving increased ADHD diagnosis and treatment rates? … An example of a possible catalyst of change is the set of guidelines on ADHD psycho-education, described by te Meerman et al.”

Qui concordo sul fatto che, pur sapendo ad oggi che il trattamento ADHD più adeguato è un modello integrato - psicofarmaci, psicoterapia, coaching) (Kooij, et al., 2010), è vero che non trovo modelli psicoterapeutici aggiornati che possano aiutare questa popolazione in modo significativo. Ritrovo manuali che trattano i pazienti ADHD attraverso modelli CBT (Safren, et al., 2017; Hesslinger, et al., 2002) ma, se non si tengono in considerazione tutte le difficoltà del pz nel rimanere (soprattutto) motivato a lavorare sui sintomi e (poi) costante durante il percorso terapeutico oltre alle comorbilità psichiatre che il paziente presenta, è difficile riuscire a lavorare attualmente con questa popolazione.

Pur non sapendo quali sono in modo assoluto le cause dello sviluppo dell’ADHD, comunque siamo in deficit di modelli adeguati.
Da quello che vedo (e su questo punto spero di sbagliarmi) abbiamo a nostra disposizione modelli CBT (come la CBT standard, e pochi articoli che utilizzano le skills DBT e meditazione), interventi che si focalizzano sui sintomi specifici dell’ADHD che però non tengono in considerazione le comorbilità che il paziente porta in terapia, ritrovandoci poi a dover adattare il nostro lavoro senza avere dei modelli che considerano non solo il funzionamento ma anche gli altri disturbi psichiatrici. Penso che tutto questo va a ledere il paziente e anche l’efficacia del nostro lavoro.

Lascio i riferimenti degli articoli citati.

Un caro saluto,
Alessandra Capuozzo
Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale


Riferimenti:
- Shaw, P., Malek, M., Watson, B., Sharp, W., Evans, A., & Greenstein, D. (2012). Development of cortical surface area and gyrification in attention-deficit/hyperactivity disorder. Biological psychiatry, 72(3), 191-197.
- Faraone, S. V., Asherson, P., Banaschewski, T., Biederman, J., Buitelaar, J. K., Ramos-Quiroga, J. A., & Franke, B. (2015). Attention-deficit/hyperactivity disorder. Nature Rev. Dis. Primers 15020.
- Hauser, T. U., Iannaccone, R., Ball, J., Mathys, C., Brandeis, D., Walitza, S., & Brem, S. (2014). Role of the medial prefrontal cortex in impaired decision making in juvenile attention-deficit/hyperactivity disorder. JAMA psychiatry, 71(10), 1165-1173.
- Christaki, V., Ismirnioglou, I., Katrali, A., Panagouli, E., Tzila, E., Thomaidis, L., ... & Tsitsika, A. (2022). Postpartum depression and ADHD in the offspring: Systematic review and meta-analysis. Journal of affective disorders.
- Freitag, C. M., Haenig, S., Schneider, A., Seitz, C., Palmason, H., Retz, W., & Meyer, J. (2012). Biological and psychosocial environmental risk factors influence symptom severity and psychiatric comorbidity in children with ADHD. Journal of Neural Transmission, 119, 81-94.
- Bernardi, S., S. V. Faraone, S. Cortese, B. T. Kerridge, S. Pallanti, S. Wang and C. Blanco. (2012). The lifetime impact of attention deficit hyperactivity disorder:, 257, 371-37results from the National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions (NESARC). Psychological Medicine (2012), 42, 875–887. doi:10.1017/S003329171100153X
- Sciberras, E., Mulraney, M., Silva, D., & Coghill, D. (2017). Prenatal risk factors and the etiology of ADHD—review of existing evidence. Current psychiatry reports, 19, 1-8.
- Safren, S. A., Sprich, S. E., Perlman, C. A., & Otto, M. W. (2017). Mastering your adult ADHD: A cognitive-behavioral treatment program, therapist guide. Oxford university press.
- Kooij, S. J., Bejerot, S., Blackwell, A., Caci, H., Casas-Brugué, M., Carpentier, P. J., ... & Asherson, P. (2010). European consensus statement on diagnosis and treatment of adult ADHD: The European Network Adult ADHD. BMC psychiatry, 10, 1-24.
- Hoxhaj, E., Sadohara, C., Borel, P., D’Amelio, R., Sobanski, E., Müller, H., ... & Philipsen, A. (2018). Mindfulness vs psychoeducation in adult ADHD: a randomized controlled trial. European archives of psychiatry and clinical neuroscience, 268, 321-335.
- Hesslinger, B., Tebartz van Elst, L., Nyberg, E., Dykierek, P., Richter, H., Berner, M., & Ebert, D. (2002). Psychotherapy of attention deficit hyperactivity disorder in adults: A pilot study using a structured skills training program. European archives of psychiatry and clinical neuroscience, 252, 177-184.
Angelo Maria Inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angelo Maria Inverso »

Ciao, Alessandra.
Se l'impresa riesce, magari organizziamo qualcosa di più strutturarlo e ampio, che riporti i molteplici punti di vista sull'argomento.
Ma non voglio lasciare senza risposta a tua mail.
Direi, intanto, che vale la pena di leggere per intero il numero di Frontiers che ho suggerito. Troverai molti argomenti che vengono incontro alle tue sollecitanti perplessità.
La questione decisiva, però, che riguarda l'intero sistema DSM, è che le diagnosi sono meramente sintomatologiche , ma da Kraepelin in poi è notorio che sintomi uguali possono essere pertinenti a diversi di tipi di malattia e che malattie uguali possono manifestarsi con sintomi diversi. Inoltre le diagnosi esclusivamente sintomatologiche sono impersonali e astoriche. Da ciò deriva il fatto che due soggetti che manifestano i sintomi del deficit attentivo e l'iperattività possano essere diversi quanto a fondamento psicopatologico della loro condizione.
Inoltre, anche all'interno di sistemi diagnostici in parte assimilabili, ci sono differenze non superficiali e che investono la concettualizzazione stessa dei quadri morbosi classificati.
Se, ad esempio, confronti l'inquadramento diagnostico DSM con quello ICD10 vedrai immediatamente la differente concettualizzazione dl fenomeno deficit di attenzione + iperattività.
Ti voglio segnalare solo la più eclatante: Il DSM raggruppa in un unica condizione Deficit di attenzione e iperattività-impulsività, salvo proporre differenziazioni all'interno di un'unica entità clinica. L'ICD 10 tiene separata la condizione del deficit isolato dell'attenzione, inserendolo all'interno di un vasto quadro di problematicità, i cui confini sono scarsamente definiti (F98.8), lasciando al clinico l'approfondimento necessario a comprendere più adeguatamente il fenomeno (considera ad esempio le differenze qualitative dl deficit attentivo del bambino disregolato e quello del bambino traumatizzato con microfenomeni dissociativi).
L'ICD 10 considera l'iperattività e non il deficit di attenzione l'elemento portante della diagnosi specifica, che infatti codifica nella categoria F90. E noi sappiamo, con relativa certezza, che quest'ultima caratteristica è declinante nel corso dello sviluppo.
Potrei ancora dirti degli studi RMN funzionale sull'attenzione nella mindfullness, e sul fenomeno della mente che vaga. Suggerisco il bell'articolo di Haenkamp e coll., un po' vecchiotto ma ancora di un certo interesse (Neuroimage, 59 (2012): 750-760) e una revisione sistematica della letteratura dei rapporti tra mind wandering e ADHD (Jane Lanier, Elizabeth Noyes, and Joseph Biederman : Mind Wandering (Internal Distractibility) in ADHD: A Literature Review
https://orcid.org/0000-0001-8233-663X jbiederman@partners.orgView all authors and affiliations Volume 25, Issue 6 https://doi.org/10.1177/1087054719865781)
E ancora, la differente impostazione nello studio dell'attenzione tra i paradigmi "space -based " o "spotlight" e quello " dell'attenzione legata all'oggetto".
Ma per ora basta così.
Buona estate a tutti.
Angelo Inverso
Angela Dassisti

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da Angela Dassisti »

Trovo sempre molto interessante e stimolante riflettere insieme a colleghi esperti e stimati sull’ADHD. Inoltre il fatto che si parli e ci si interroghi su temi rilevanti senza dare per scontato ciò che già sappiamo è sicuramente d’incentivo ad osservare, studiare, imparare e fare ricerca.
Già nel 1975 Feingold ipotizzò che l’iperattività fosse una reazione comportamentale ai coloranti e ai conservanti contenuti in numerosi cibi di cui i bambini fanno largo uso, e negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi (Università di Sauthampton, 2008), non sempre trovati convincenti, sulla combinazione di alcuni conservanti e coloranti sull’attenzione e sull’attività dei bambini (Food Standards Agency – FSA, 2007 e 2008). Così come negli anni novanta e primi del duemila sono stati condotti studi sull’assunzione di omega 3 e sull’olio di fegato di merluzzo. Piuttosto che studi sulla riduzione di livelli di ferro a livello cerebrale nei circuiti specifici dello striato e del talamo (Medical University of South Carolina Center, Charlston).
Sarebbe un po’ come dire relativamente all’insonnia, che il fumo, l’uso di bevande eccitanti o cibi pesanti in prossimità dell’addormentamento ed una scorretta igiene del sonno ne siano la causa e l’assunzione di melatonina la soluzione. Ovviamente chi si occupa di disturbi del sonno obietterebbe che sarebbe necessaria una disamina molto più complessa, e clinicamente sofisticata, esattamente come stiamo tentando di fare relativamente all’ADHD in occasione di questo scambio.
Sostanzialmente è risaputo e sufficientemente precisato da ricerche illustri e anche recenti, come la collega Alessandra Capuozzo ha correttamente citato e riportato, che l’ADHD sia un disturbo del neurosviluppo con caratteristiche neurospicologiche piuttosto eterogenee e con implicazioni sia di tipo psicoaffettivo che relazionale.
Relativamente alla diagnosi a mio parere trovo che molto sia stato fatto negli ultimi vent’anni. Riscontro una buona preparazione dei colleghi ed una adeguata capacità di utilizzare gli strumenti a nostra disposizione per eseguire un assessment valutativo e diagnostico di qualità a differenza del passato.
La diagnosi, infatti, prima di tutto parte da un’attenta osservazione dei pazienti e da una buona anamnesi che ci orienta nel richiedere ulteriori approfondimenti per escludere problematiche organiche alla base dell’iperattività, dell’irrequietezza e della disattenzione dei bambini. Mi riferisco alle OSAS, all’epilessia con assenze, alle problematiche otorinolaringoiatriche, allergiche, infiammatorie e visive che potrebbero simulare alcune caratteristiche, oppure amplificare un’elevata eccitabilità di base già presente.
Mi sembra di riscontrare, inoltre, che successivamente all’uso delle nuove linee guida per la diagnosi di autismo talvolta, in assenza degli strumenti appropriati (ADOS, ADI R) venga posta diagnosi di ADHD come sintomatologia primaria, piuttosto che di tratti autistici o di spettro dell’autismo, confondendo sia i pazienti, che le famiglie e non poco i clinici nella presa in carico del bambino/ragazzo.
Parlo di bambini e ragazzi poiché l’ADHD riceve una prima diagnosi in età pediatrica, potrebbe modificarsi quasi a sembrare in remissione, ma non scompare del tutto. Esattamente come nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, si potranno compensare alcune caratteristiche più superficiali, ma quelle che rappresentano il vulnus principale rimarranno come una traccia inconfondibile. Probabilmente con l’età il gap rispetto alle traiettorie di sviluppo negli aspetti di attenzione, iperattività, impulsività e difficoltà di regolazione sociali e relazionali si attenua in seguito alla naturale maturazione delle zone frontali del cervello. Tuttavia se non adeguatamente supportati da un lavoro cognitivo, psicologico, che coinvolga anche l’ambiente, presenteranno con buona probabilità in comorbilità diversi disturbi di personalità, virando in alcuni casi verso diagnosi psichiatriche più severe (si veda letteratura).
Sebbene gli interventi mi sembrino negli ultimi anni molto più organizzati e coordinati negli aspetti multimodali (NIMH, MTA, 1997) e multidimensionali (Dassisti, Hufty, AIDAI, Assisi 2007) si può ancora migliorare, ad esempio costruendo un protocollo con obiettivi a breve, medio e lungo termine. Sarebbe utile considerare che i sintomi potrebbero anche modificarsi, ma abbracceranno tutta la vita del paziente dall’università, alla vita adulta di coppia, lavorativa e probabilmente di genitore ADHD.
Per questo l’intervento precoce e strutturato che si estenda alla prima vita adulta ci sembra una buona partenza, in concomitanza con strategie di lavoro più appropriate e basate su un intervento funzionale alle caratteristiche di estrema imprevedibilità e suscettibilità relazionale dell’ADHD.
Buon lavoro,
Angela Dassisti

Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
rosaverde@libero.it

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da rosaverde@libero.it »

Ciao Angelo,
grazie per la segnalazione della monografia sull'ADHD.

Personalmene ho dei dubbi sulla diagnosi di ADHD, ma ho delle certezze circa il fatto che alcune persone adulte presentato una sintomatologia dell'attenzione con vincoli alla modifica di origine biologici congeniti.
Questo argomento è talmente di nostro interesse che abbiamo porposto due simposi per il Congresso di Bari.
Ne parliamo con Giuseppe Nicolò, Serena Griffo, Antonio Onofri, Floria Fioravante, Giancarlo Dimaggio, Bruno Intreccialagli, Salvatore Rizzato, Alessandra Capuozzo e Carmen Napolitano.
Entrambi Venerdi 22 settembre, il primo alle 9.00 su "ADHD nell’adulto tra sintomi dissociativi e traumi complessi", il secondo alle 16.30 su "ADHD nel trattamento psicoterapico e integrato".

Se sei da quelle parti vienici a trovare!

ciao

Rosario Esposito
angelo maria inverso

Re: Uno sguardo diverso sull'ADHD

Messaggio da angelo maria inverso »

Ciao, Rosario.
Che piacere sentirti, specialmente in questo post!
Avevo già visto dal programma il vostro simposio e ci sarò per certo.
Come puoi ben capire, tu e tutti i colleghi, e come credo di aver reiteratamente precisato, la questione aperta non è la presenza di certe caratteristiche personali che in alcune circostanze possono interferire con un buon adattamento. Sarebbe fantastico sentire cosa ne penserebbe Marco del Giudice relativamente alle caratteristiche evolutive necessarie per adattarsi in condizioni critiche, due suoi articoli eccoli qui Del Giudice, M. (2020). Rethinking the fast-slow continuum of individual
differences. Evolution and Human Behavior, 41(6), 536–549.
Del Giudice, M. (2021). Åhs et al.’s (2018) Systematic review on biological preparedness and resistance to extinction: A commentary and reanalysis.
Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 120, 13–15.).
Un altro bellissimo articolo sull'argomento è il seguente
Bruce J. Ellis , Margaret A. Sheridan , Jay Belsky and Katie A. McLaughlin: Why and how does early adversity influence development? Toward
an integrated model of dimensions of environmental experience. Development and Psychopathology (2022), 34, 447–471
doi:10.1017/S0954579421001838
Il problema è la complessità delle condizioni psicopatologiche che viene artatamente ridotta a sintomi da contenere. Questo non va bene a uno psicoterapeuta, io credo.
Non mi dilungo. Ci vediamo a Bari con tutti i curiosi, gli insoddisfatti, i super convinti, insomma tutti quelli a cui sta a cuore l'argomento e vogliono lavorare per il maggior bene soprattutto dei bambini e delle loro famiglie.
Stai bene e buona estate.
Ps mi scuso con i colleghi se la mail ha un tono privato, ma mi ha fatto troppo piacere sentire Rosario Esposito
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